Il 12 maggio è la giornata internazionale dell’infermiere, una ricorrenza in onore di Florence Nightingaleconsiderata la madre dell’infermieristica moderna.

 «Ovunque per il bene di tutti» è lo slogan della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche per la Giornata Internazionale dell’infermiere, ma anche per un congresso che quest’anno è itinerante, sul territorio. Il filo conduttore è l’attività di infermiere di prossimità. Anche il Recovery Plan punta a una medicina territoriale con meno medici di famiglia e più infermieri.

La prima si chiamava Florence Nightingale e il suo nome è passato alla storia perché è stata lei a inventare una professione: infermiere.

Nata il 12 maggio 1820 a Firenze, figlia di uno studioso inglese ed esponente della ricca borghesia britannica, durante la guerra di Crimea, divenne la dama della lampada, l’angelo custode dei soldati feriti.

È universalmente riconosciuta come la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, non una vivanderia, come qualcuno considerava le donne in ospedale, ma una donna di scienza al servizio della medicina.

Sono i precetti di Florence Nightingale le linee guida seguite ancora oggi nella cura del paziente da ogni infermiere. Lei stessa creò la Nightingale Training School con le sue Notes on Nursing. È stata la prima donna membro della Royal Statistical Society, ha contribuito alla nascita dei servizi sociali inglesi e ispirato Henry Dunant nella creazione della Croce Rossa Internazionale.

In Italia gli infermieri sono oltre 450mila. Sono 5,8 ogni mille abitanti, un numero che è sotto la media Ocse, 8,8. Sono stati i primi a raccontare quello che stava accadendo negli ospedali del nostro Paese, nelle terapie intensive, tra bombole d’ossigeno e tute di contenimento, mascherine, visiere, guanti, copriscarpe. Le loro immagini sono diventate simbolo della lotta alla pandemia e il loro impegno li ha portati a essere ufficialmente candidati al premio Nobel per la Pace 2021