Chi usufruisce del servizio di un badante – che assistono persone anziane, malati, o le famiglie bisognose di cure per i loro cari – sappia che ha diritto almeno ad undici ore di riposo al giorno, e che queste devono essere godibili consecutivamente; chi si dovesse opporre, va incontro a una multa per sfruttamento della manodopera. La previsione è infatti contenuta nel contratto nazionale della categoria e il sanzionamento scatta in caso di violazione.
Arriva dalla Cassazione la sentenza che stabilisce come, anche questa figura professionale, abbia diritto ogni giorno a 11 ore di fila di riposo.
“Il datore di lavoro che non rispetti le 11 ore di riposo consecutivo della badante, potrà essere multato per sfruttamento della manodopera”.
Una sentenza, questa, che decreta la sconfitta in tribunale di una onlus di Lecco, attiva nel fornire appunto personale per l’assistenza famigliare: secondo il personale della onlus, le ore di riposo delle dipendenti non dovevano essere consecutive. Ed era questo che spiegavano alle famiglie che – una badante – la assumevano. Il contratto Uneba (Unione nazionale istituzioni ed iniziative di assistenza sociale) prevede infatti un riposo – ogni giorno – di 11 ore su 24, senza specificare che tali ore debbano essere di fila, e permettendo così (nell’opinione della onlus) di interpretare la normativa in base alle proprie esigenze.
Tuttavia, secondo la Cassazione, si tratterebbe di un mancato rispetto del contratto nazionale, con conseguente multa al datore di lavoro per sfruttamento della manodopera.

Non è più quindi aperta alle interpretazioni, la questione delle ore di riposo: come già stabilito dalla Corte d’Appello di Milano, anche la Cassazione – nel suo verdetto numero 24, della Sezione Lavoro – le 11 ore di riposo devono essere tassativamente di fila. Anche perché, si legge nella sentenza, per le badanti vale il Decreto Legislativo 66 del 2003 che – recependo la direttiva comunitaria sull’orario di lavoro – introduceva appunto il diritto per ogni lavoratore di usufruire di 11 ore consecutive di riposo giornaliero, ad esclusione delle attività con periodi di lavoro frazionati durante la giornata, o in regime di reperibilità. Così, la onlus lecchese ha ricevuto 13.620 euro di multa (che ora sarà maggiorata, in quanto dovrà essere ricalcolata sulla base di alcuni cambiamenti legislativi intervenuti nel corso della causa), anche perché – come emerso poi – l’articolazione oraria da questa praticata non consentiva un riposo giornaliero di 11 ore, seppure non di fila. Dopo le 10 ore previste (dalle 21.00 alle 7.00), non è infatti stata documentata un’altra ora, necessaria a raggiungere le 11 garantite dal contratto.